Frosinone. Operazione “Uti Dominus” della Squadra Mobile. Sgominata associazione a delinquere dedita allo sfruttamento della prostituzione
FROSINONE – Alle prime luci dell’alba, i poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Frosinone, a conclusione di una complessa attività investigativa coordinata dal Sostituto Procuratore dr. Samuel Amari della locale Procura della Repubblica, hanno eseguito sei misure cautelari a carico di altrettanti indagati emesse dal Gip del Tribunale di Frosinone: 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere e una misura di detenzione domiciliare.
A tutti gli indagati è stato contestato, a vario titolo e in concorso, il reato di “Associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, ricettazione, estorsione e porto abusivo di arma”.
L’indagine è iniziata nel dicembre 2019, a seguito del tentato omicidio di un cittadino di origini albanesi.
L’uomo, mentre era a bordo della sua auto parcheggiata nei pressi di un bar della zona industriale frusinate, fu colpito da un proiettile alla testa, sparato a bruciapelo da un suo connazionale, che lo ridusse in fin di vita. Il responsabile, braccato dalla Polizia, venne arrestato nelle ore successive.
Dai primi riscontri acquisiti dagli investigatori, si era avuto modo di comprendere che la vicenda traeva origine dai dissidi tra i due soggetti, entrambi pregiudicati, sorti per la spartizione dei proventi illeciti derivanti dallo sfruttamento della prostituzione, circostanza confermata anche dal reo confesso.
Da questi primi risultati investigativi si è immaginato uno scenario dai contorni certamente più ampi di quelli paventati dai soggetti coinvolti e si è dato inizio a tutta una serie di approfondite indagini che hanno permesso di ricostruire una vera e propria organizzazione criminale, a capo della quale vi era il pregiudicato ferito nell’agguato, e composta da altri cittadini stranieri, tra cui una donna.
L’associazione malavitosa aveva come interesse primario quello dello sfruttamento della prostituzione, dalla quale ricavava notevoli guadagni costringendo con la violenza e le minacce giovani donne straniere che si prostituiscono lungo le strade del capoluogo, a cedere parte dei loro guadagni ed a versare con regolarità ai criminali una quota per l’occupazione del luogo in cui esercitavano l’attività di meretricio.
Ciò contribuiva ad esprimere la pericolosità del sodalizio le cui figure di vertice, oltre al disinvolto e spregiudicato utilizzo delle armi, miravano al conseguimento del totale controllo del territorio come se fossero “padroni” anche delle aree destinate allo svolgimento della prostituzione tanto da poterle “lottizzare”.